Questo volume nasce da un incontro realizzato qualche anno fa da due psichiatri,
due psicologi e una psicopedagoga.
La ragione di una tale conoscenza è stata un’iniziativa sviluppata presso una
scuola napoletana, che ci ha portato a mettere in comune competenze ed
esperienze per affrontare il tema delle emozioni nel mondo adolescenziale e
provare ad analizzare gli effetti di una loro riscoperta nei vari attori delle
dinamiche educative (docenti, studenti ed anche i genitori).
Le riunioni del nostro gruppo, oltre che sedimentare una stima ed una forte
amicizia tra noi, sono servite a sviluppare un processo d’approfondimento sul
patrimonio emozionale nelle persone, che oggi ci porta a mettere per iscritto e
rendere “pubblico” il nostro approccio che potrebbe diventare una base
logico-concettuale dalla quale sviluppare specifiche attività nel mondo
scolastico.
Il libro non ha pretese scientifiche in quanto sull’argomento esistono manuali
ben fatti ed ampi che riporteremo in bibliografia e che i lettori, naturalmente,
potranno consultare in caso di necessità, ma vuole offrire, soprattutto, un
quadro pragmatico ed operativo che aiuti gli operatori scolastici, e non solo, a
“conoscere” questa realtà e ad affrontarla con una maggiore consapevolezza, una
volta fatte proprie, e metabolizzate a livello di convinzioni, alcune idee che
saranno riportate in questo elaborato.
Il titolo del libro che gioca sul diverso significato della costruzione delle
parole, vuole essere già una prima occasione per leggere in modo variegato il
mondo delle emozioni nelle sue molteplici sfaccettature.
“La scuola delle emozioni” può significare, infatti, la necessità di educare le
emozioni, in special modo, quelle dei bambini e dei giovani, a guadagnarsi spazi
e dignità nelle dinamiche relazionali, oltre ad ottenere un riconoscimento del
loro valore, che a volte viene negato nella realtà quotidiana.
Può significare nello stesso tempo l’opportunità di far entrare le emozioni nel
mondo della scuola, dando loro quell’importante funzione di valorizzazione ed
“empowerment” delle persone.
La nostra interpretazione - quella “autentica” - si colloca in una via mediana,
e vuole sottolineare sia la necessità che le emozioni vadano a scuola per
trovare quel giusto spazio d’espressione sia che, nello stesso tempo, svolgano
un’opera di educazione, soprattutto dei giovani, a conoscere il proprio mondo
interiore.
Il libro si sviluppa in quattro capitoli ognuno dei quali ha un tema specifico:
la scoperta delle emozioni, la vita emotiva degli adolescenti, i processi
didattici e le emozioni, verso una didattica delle emozioni, concludendo con una
sintesi del percorso per la riscoperta delle emozioni nel mondo scolastico e
nelle appendici la sintesi del progetto sperimentato nella scuola di Napoli e
l’analisi di alcuni strumenti testati in una tale iniziativa.
Il presente lavoro vuole rappresentare un punto di partenza sul quale costruire
una sorta di piattaforma caratterizzata da spunti, stimoli, convinzioni e
strumenti operativi ad uso dei colleghi e degli insegnanti, allo scopo di vivere
la scuola con maggiore consapevolezza e coinvolgimento.
L’esperienza vissuta presso l’Istituto Professionale di Stato per i Servizi
Commerciali ed il Turismo “Isabella d’Este”, ci ha permesso di dimostrare come i
giovani, una volta che si offra loro la possibilità di esprimersi, riescano a
dare il meglio di sé, e come il sentirsi messi al centro dell’attenzione li
conduca ad una maggiore presa di responsabilità, una sorta di “effetto Hawthorne”,
sperimentato dallo psicologo Mayo sul coinvolgimento delle persone quando sono
sotto osservazione, sotto il “riflettore”.
L’aver aperto il discorso sulle proprie emozioni è stato utile per stimolare le
studentesse coinvolte a guardare dentro di sé in modo più approfondito,
scoprendo così nuove realtà e nuovi mondi, secondo il pensiero di Marcel Proust,
che sottolinea come “il vero viaggio di conoscenza, non è quello di scoprire
nuove terre, ma avere nuovi occhi”.
L’utilizzo, inoltre, di una specifica strumentazione per l’analisi delle proprie
modalità emotivo-comportamentali (questionari, racconti e diari), è stato
un’occasione per un approfondimento, sia individuale che in gruppo.
Nei due anni d’attività del gruppo che ha operato a stretto contatto con gli
insegnanti della scuola, si è potuto constatare l’importanza di una simile
“avventura” nel mondo delle emozioni, non solo per le alunne ma anche per gli
insegnanti e, in qualche misura, per i genitori.
Vale infatti la pena ricordare la frase del poeta inglese William Blake: “Se
si pulissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe all'uomo come essa
veramente è, infinita. Invece l'uomo si è da se stesso rinchiuso, fino a non
vedere più le cose, se non attraverso le strette feritoie della sua caverna”.
La scuola, unitamente alla famiglia, è il luogo di sviluppo della personalità
del giovane che deve saper mettere in gioco tutte le sue parti umane: la
riscoperta delle emozioni, come parte significativa del sé, può rappresentare un
momento essenziale del processo di consapevolizzazione del soggetto.
Lo stimolo centrale del libro è rappresentato dalla necessità di orientare gli
adolescenti ad esprimere le proprie emozioni, ad aprire i canali di
comunicazione con esse ed essere pronti ad ascoltarle, attraverso un’educazione
al riconoscimento ed alla loro valorizzazione, sviluppando degli spazi specifici
nella vita individuale che, senza le emozioni, diviene sicuramente più povera; a
questo proposito, il filosofo Schopenhauer sottolinea: “Io posso fare tutto
ciò che desidero, ma non posso sentire tutto ciò che voglio”.
Un iniziale spunto sul significato etimologico della parola emozione è la sua
derivazione dal latino “e-moveo”, che significa muovere da dentro verso
l’esterno, e che ha diverse analogie con l’etimologia del verbo educare “e-duco”
che sottolinea, l’azione del condurre fuori.
Il problema, in sintesi, non è quello di controllare le emozioni ma quello di
elaborarle in modo efficace per sé e per gli altri.
Una riflessione di fondo, parlando del condurre fuori le parti ricche e vitali
degli adolescenti, riguarda le manifestazioni di delusione che molte volte gli
adulti, o in genere chi ha una posizione asimmetrica nella dimensione
relazionale, vale a dire di superiorità, esprimono: frasi come “non mi
deludere”, “mi aspetto da te grandi cose”, o simili, dovrebbero essere
sostituite da “se vuoi, ce la puoi fare”, “ho fiducia in te”, espresse con la
convinzione che l’altro si debba sentire supportato e non giudicato.
Risposta emotiva e cognitiva si coniugano così in una percezione di
autoefficacia che produce un’attivazione positiva e non la paura del fallimento
che, invece, fa scattare l’ansia da prestazione con un’alta probabilità
d’insuccesso: processo ben rappresentato dall’andamento di una curva, chiamata
da Dodson ad “U capovolta” per cui un consapevole livello d’attivazione, il
cosiddetto “arousal”, produce risultati efficaci ed uno stress positivo l’“eustress”,
mentre lo sviluppo del “distress”, lo stress negativo, abbassa addirittura le
performance già ottenute, facendole precipitare lungo la parte decrescente della
curva.
Ne consegue una specie di regola che vuole nella sua sinteticità rappresentare
“un sasso nello stagno” sul tema del riconoscimento dell’altro: “Nessun
essere umano è legittimato ad esprimere la propria delusione provata nei
confronti dell’altro; se l’obiettivo, infatti, era stato condiviso, la
delusione, in caso d’insuccesso, sarà ben presente nel soggetto “agente”, per
cui il conseguente atteggiamento dell’interlocutore dovrebbe essere di supporto
al disagio dell’altro e non di condanna”.
Troppe volte, nella storia personale, sia in famiglia che nella scuola, ci si è
trovati giudicati “colpevoli” di inefficaci comportamenti a fronte di
“traguardi” proiettati nella vita dell’adolescente da adulti che non si
preoccupavano di contestualizzarli e compatibilizzarli con il KASH - acronimo di
knowledge (conoscenza), aptitude (attitudine), skill (capacità) ed habit
(esperienza) dell’altro.
Nel nostro percorso di riflessioni, dunque, dovremmo fare i conti con la
dicotomia, tendenzialmente superata, tra i processi sviluppati dalla mente e
quelli di derivazione inconscia, tra le risposte emotive e quelle cognitive, le
“ragioni del cuore che la ragione non conosce” di cui parla il filosofo
francese Pascal.
Senza voler entrare, a questo punto, nella discussione sul rapporto tra emozioni
e processi cognitivi, che sarà il punto centrale del paragrafo riguardante lo
stato dell’arte delle emozioni, e sulla prevalenza degli uni sugli altri - temi
che, recentemente, sono diventati centrali nel campo psico-neurologico - si può
solamente riportare l’affermazione di uno studioso americano di neurobiologia,
Joseph LeDoux che sottolinea: “La lotta tra pensiero ed emozione potrà
risolversi non solo quando le cognizioni corticali prevarranno sui sistemi
emotivi, ma anche quando il cervello avrà integrato più armoniosamente ragione e
passione. Allora gli esseri umani conosceranno meglio i propri sentimenti e
forse sapranno anche usarli meglio nella vita quotidiana”.
Il nostro obiettivo non è, pertanto, quello di dare una risposta alle diverse
scuole di pensiero, quanto quello di affrontare un tema pragmatico e verificare
sul piano operativo la sua implementabilità nel mondo della scuola e non solo.
La contrapposizione tra le emozioni come frutto di una mediazione cognitiva, e
le emozioni “immediate e spontanee”, propedeutiche al passaggio nella sfera dei
pensieri, sarà risolto con la distinzione che utilizzeremo tra emozioni
“inconsapevoli” ed emozioni “consapevoli”.
E per concludere quest’introduzione riportiamo una frase scritta da una paziente
psichiatrica che ha trovato una ragione alla sua sofferenza esistenziale nella
difficoltà di mettere insieme le sue emozioni con il suo mondo personale: “Io
vedo un dialogo interno ed un dialogo esterno, il tutto legato al corpo ed il
corpo all’emozione. Credo che in me l’emozione è il sentimento però danneggiato,
deteriorato non cresciuto, non coltivato: l’emozione si manifesta nel corpo ed
il corpo mette fuori il dialogo”.
Noi vorremmo attivare, con questo libro, un tale dialogo…….